Quando fu inventato, il maritozzo era più grande di quello che possiamo trovare nelle case abruzzesi e nei forni e panetterie. Già gli antichi Romani li producevano ed erano come simili a pagnotte rese dolci con miele o uva passa. Il Maritozzo attuale sembrerebbe discendere da questo dolce.
Si tratta di un impasto fatto con farina, uova, miele, burro e sale e si racconta che fosse uno degli alimenti principali che venivano messi nelle bisacce (dalle mogli) dei lavoratori affinché si potessero cibare durante le lunghe giornate di lavoro. È anche chiamato il “Santo Maritozzo”, detto anche Quaresimale, è spesso fungeva come dolce permesso durante il periodo di digiuno che precedeva la Pasqua.
Il Maritozzo come promessa d’amore
In seguito, anche in Abruzzo, il Maritozzo acquistò un nuovo ruolo. Divenne, infatti il dono che il futuro sposo faceva alla promessa sposa il primo venerdì del mese (il nostro attuale San Valentino). In questo caso, era opportunamente decorato con zucchero a forma di due cuori trafitti. A volte, il suo interno, nascondeva un gioiello o l’anello di fidanzamento.
Ecco spiegata anche l’ipotesi del nome. “Maritozzo”, infatti, proprio come un nome affettuoso e scherzoso di chiamare il “marito”.
Ai giorni nostri il Maritozzo – chiamato anche Panmarito, Panparito, Maritello – è un classico dolce da gustare nelle caffetterie e viene spesso arricchito con crema pasticcera o panna montata.
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