Il miracolo eucaristico di Lanciano sarebbe accaduto nella cittadina abruzzese di Lanciano nella prima metà dell’VIII secolo: mentre un sacerdote stava celebrando la messa, al momento della consacrazione l’ostia e il vino si sarebbero trasformati in carne e sangue.
Le reliquie del fenomeno, il più noto nel suo genere, sono conservate all’interno della chiesa di San Francesco, nello storico quartiere Borgo.
Le prime testimonianze sulla vicenda, risalenti al 1574, non specificano l’anno esatto nel quale sarebbe avvenuta, ma alcune circostanze storiche permettono di collocarla cronologicamente fra il 730 e il 750.
L’imperatore bizantino Leone III Isaurico, sul trono dal 717 al 741, attuò una ferrea politica contro le immagini religiose promulgando, nel 730, un editto che ne ordinava la totale distruzione. Mosaici e affreschi furono distrutti a martellate, le icone gettate nel fuoco e diversi monaci greci vennero uccisi. Come conseguenza molti religiosi, fra cui numerosi monaci basiliani, si rifugiarono in Italia.
Un giorno, mentre un monaco stava celebrando la messa nella chiesa dei santi Legonziano e Domiziano a Lanciano, venne colto dal dubbio circa la reale presenza di Gesù nell’ostia e nel vino. Le fonti dell’epoca non hanno tramandato l’identità del sacerdote, specificando solo che si trattava di un religioso di rito bizantino appartenente all’ordine dei basiliani.
Un documento del 1631 descrive il sacerdote in questione come «non ben fermo nella fede, letterato nelle scienze del mondo, ma ignorante in quelle di Dio; andava di giorno in giorno dubitando se nell’ostia consacrata vi fosse il vero Corpo di Cristo e così nel vino vi fosse il vero Sangue».
Dopo che ebbe pronunciato le parole della consacrazione, secondo quanto tramandato dalla tradizione l’ostia si trasformò in un pezzo di carne sanguinante, mentre il vino si tramutò in sangue, successivamente coagulatosi in cinque grumi di diverse dimensioni. Il sacerdote diede allora notizia ai fedeli presenti in chiesa di ciò che era accaduto.
Un’epigrafe, realizzata nel 1636, descrive così l’evento:
« Circa gli anni del Signore settecento, in questa chiesa, allora sotto il titolo di San Loguntiano de’ monaci di San Basilio, dubitò un monaco sacerdote se nell’hostia consecrata fusse veramente il corpo di Nostro Signore e nel vino il sangue. Celebrò messa, e, dette le parole della consecratione, vidde fatta carne l’hostia e sangue il vino. Fu mostrata ogni cosa a’ circostanti et indi a tutto il popolo. La carne è ancora intiera et il sangue diviso in cinque parti dissuguali che tanto pesano tutte unite, quanto ciascuna separata. Si vede hoggi nello istesso modo in questa cappella, fatta da Gio. Francesco Valsecca a sue proprie spese l’anno del Signore MDCXXXVI. »
Le reliquie vennero chiuse in una teca d’argento e avorio, posta in un tabernacolo alla destra dell’altare maggiore. Nel 1566, nel timore che i turchi potessero profanarle, vennero murate in una piccola cappella. Dal 1636 le reliquie furono protette da una grata in ferro battuto chiusa a chiave. Nel 1713 vennero realizzati l’ostensorio e il calice in cristallo di scuola napoletana, all’interno dei quali l’ostia e il sangue sono tuttora conservati. Nel 1902 l’ostensorio fu posto all’interno di una struttura in marmo costruita sopra l’altare maggiore.
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