Le meraviglie di Pompei
Distrutta nel 79 d.C. dall’eruzione del Vesuvio, l’antica Pompei è oggi tra i siti archeologici più importanti d’Italia, e permette ai visitatori di fare un vero e proprio tuffo nel passato. I primi tentativi di scavo nell’area risalgono ai tempi dell’imperatore Alessandro Severo, ma i mezzi dell’epoca non consentivano di affrontare la coltre di lapilli e materiale lavico lasciata dal vulcano. Verso la fine del 1500 e l’inizio del 1600, invece, l’architetto Domenico Fontana progettò un canale che interessava proprio la zona di Pompei, ed in quest’occasione vennero ritrovate monete ed oggetti di epoca romana. Tuttavia, a quei tempi non si capì che quei reperti archeologici appartenevano a Pompei.
A metà del 1700, finalmente, Carlo di Borbone ordinò l’inizio degli scavi, allo scopo di arricchire il museo di Portici con cimeli preziosi di epoca romana. Poco a poco, però, gli scavi portarono a scoprire una vera e propria “città sepolta”, conservata in modo incredibile. Sotto il regno dei Borbone, quindi, Pompei diventò la sorta di città-museo che conosciamo oggi. I famosi calchi di Pompei, invece, che ritraggono gli abitanti della città sorpresi dall’eruzione del Vesuvio, nei loro ultimi momenti di vita, nacquero dopo l’Unità d’Italia. L’archeologo Giuseppe Fiorelli, infatti, versò della calce negli spazi vuoti tra la cenere e i lapilli, creando dei calchi che riproducono con esattezza le forme dei corpi delle persone morte durante l’eruzione. Qualche anno fa, alcuni calchi sono persino stati sottoposti ad una Tac per scoprire le cause della morte tragica dei Pompeiani.
Una passeggiata all’interno di Pompei, rimasta perfettamente conservata proprio grazie al materiale vulcanico che l’ha sepolta, permette di immergersi nell’atmosfera di una vera città romana. La Casa del Poeta Tragico, divenuta celebre per il mosaico con la scritta “cave canem”, è l’esempio di una dimora signorile dell’epoca, decorata con estrema cura. Deve il suo nome ai raffinati mosaici che raffigurano attori che si preparano ad interpretare una tragedia.
Ma la Casa degli Amorini Dorati è ancora più lussuosa: nell’intonaco delle sue pareti, decorate con raffigurazioni di alcuni amorini, sono state trovate decorazioni in oro. Il resto della città ci offre uno spaccato di vita quotidiana degli antichi Romani: il teatro, l’enorme anfiteatro da 12.000 persone, il foro, le terme, la palestra e persino i lupanari, cioè i bordelli dell’epoca, ci danno un’idea di come i Pompeiani passassero il loro tempo libero.
Il Parco Archeologico di Ercolano
Non meno importante, il parco archeologico di Ercolano offre emozioni uniche. La città romana fu rinvenuta per caso nei primi anni del 1700, in seguito a dei lavori per la realizzazione di un pozzo. Ad oggi, sono stati rinvenuti solo quattro ettari dell’antica Ercolano, ma gli studiosi ritengono che le sue dimensioni originarie fossero di venti ettari. Le case sono più piccole rispetto a quelle di Pompei, ma altrettanto sfarzose e ben conservate. Sono visibili anche il foro, la palestra ed il teatro.
La villa di Augusto a Somma Vesuviana
A Somma Vesuviana sorgono i resti della Villa di Augusto, ritenuta da alcuni studiosi l’ultima dimora dell’imperatore. Sappiamo che Augusto amava divertirsi con il gioco dell’alea, simile al nostro backgammon, ed organizzare sontuosi banchetti in cui distribuiva omaggi ai suoi ospiti tramite lotterie. Perciò, la villa in cui trascorse gli ultimi anni della sua vita, che secondo le fonti era vicino alla città campana di Nola, doveva essere una dimora sontuosa, proprio come quella di Somma Vesuviana, arricchita da statue e decorazioni di lusso.
La scoperta del sito archeologico avvenne già in epoca fascista, per opera del farmacista appassionato di storia Alberto Angrisani, che chiese al governo del Duce un finanziamento per realizzare gli scavi della villa. I soldi, però, non arrivarono mai, probabilmente perché il grande studioso Amedeo Maiuri voleva concentrare tutte le forze dello Stato, economiche e non, sugli scavi di Pompei ed Ercolano.
Le ricerche sulla presunta villa di Augusto sono ricominciate nel 2002 grazie a un progetto dell’Università di Tokyo in collaborazione con l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli.
Discussion about this post