“Il dado è tratto”: la celebre frase proferita da Giulio Cesare al passaggio del Rubicone segnala oltre alla determinazione e al desiderio di vittoria del condottiero, anche il fatto che il gioco dei dadi era comune e diffuso nell’Antica Roma. Non l’unico passatempo ludico cui gli uomini togati si dedicavano, quando non erano impegnati a governare o a combattere. Anche se a volte viene spontaneo abbinare l’idea dei giochi romani con i “ludi gladiatori”, i grandi giochi collettivi e spesso sanguinari del circo, o alle corse tra bighe, in realtà nell’Impero ci si divertiva anche con attività meno roboanti e “coreografiche”.
La passione per le scommesse è antica
Una delle grandi passioni dei romani, ad esempio, erano i giochi con le scommesse: i dadi, gli astragali, testa e croce o la morra. Giochi in cui l’azzardo faceva salire l’adrenalina e catturava proseliti, un po’ come accade oggi con i siti di casinò online. Adesso sono i nuovi casinò online e le altre sfide in rete a suscitare consensi, mentre all’epoca tutti aspettavano i Saturnali per potersi dedicare al gioco d’azzardo. Nell’antica Roma le scommesse o “sponsiones” erano consentite sulle corse dei cavalli – proprio come oggi – e sui gladiatori. Versioni ante litteram dell’ippodromo o degli incontri di pugilato, che sono poi rimasti intatti nella civiltà e si sono evoluti con modifiche minime.
Le origini del gioco da tavolo
Un altro grande settore di gioco che ha subito variazioni non proprio consistenti è quello dei giochi da tavolo, chiamati da Cesare e dai suoi amici “tabulae lusoriae”. Erano realizzati su una scacchiera e potevano avere poco valore, come quelle ricavate dalla corteccia di alberi o scavate sul marmo, mentre i ricchi avevano tavole da gioco che erano in materiali preziosi e costosi. Uno dei luoghi dove si praticavano questi giochi era il Foro Romano, in particolare la Basilica Iulia, dove si trovava il tribunale. Un intervallo o l’attesa di una sentenza e di un verdetto erano i momenti ideali da impiegare per il gioco in quell’epoca dove mancavano telefoni cellulari e social media!
Una varietà di proposte che stupisce
Ma a cosa giocavano gli antichi romani? Scavi archeologici e testimonianze scritte svelano che c’erano diversi giochi per cui venivano utilizzate queste tabulae lusoriae: Terni lapilli, Tria, Parvi foraminis, Latrunculi. Il primo era molto simile al nostro Tris, mentre il secondo ricorda il meccanismo del Filetto. Più interessante la formula del Parvi foraminis, che prevedeva che piccole buche praticate nella pietra, persino la pavimentazione dei templi, fossero riempite con delle piccole biglie. Queste tavole potevano avere un numero diverso di buche, come 8 e 12 e si caratterizzavano per disegni variabili, persino circolari.
Dama e scacchi anche nei templi antichi
Un altro gioco molto diffuso era il Ludus latrunculorum, o Latrunculi, simile ai moderni scacchi e dama, con pedine chiamate calculi, ovvero sassolini. Marziale e Ovidio parlano spesso di questo passatempo, che con delle variazioni è arrivato anche ai giorni nostri. Sul fronte dei dadi, cui si giocava probabilmente con meccanismi non dissimili da quelli odierni, erano noti anche prima dei Romani e sono rimasti nel cuore di tutte le civiltà. Nell’antica Roma, poi, ne esisteva anche una variante che veniva chiamata astragali. Gli astragali erano piccole ossa di ovini usati per gioco come dadi, con una forma stretta e lunga e solo quattro facce al posto di sei. Ogni faccia aveva un punteggio numerico, in modo che le facce opposte ammontassero a una somma pari a 7. In questo stesso periodo, poi, si sono fatte strada attività come il Par e Dispar, il nostro pari e dispari, con la scommessa sul numero di sassolini impugnati dall’avversario e la Micatio, che altro non è che il gioco della morra, che prevede di indovinare la somma dei numeri che vengono mostrati dai giocatori quando aprono la mano. Pure il Domino era già presente, in una formula acerba, fatto di legno, avorio o bronzo, benché secondo i testi antichi ad inventarlo non furono i Romani bensì gli Egizi.
Il Rinascimento riscopre antiche passioni
Molti di questi giochi mantennero un ruolo di primo piano anche nel Rinascimento, dopo il periodo buio del Medioevo, in cui il divertimento veniva considerato peccaminoso. Nelle corti dei nobili del Rinascimento ogni scusa era buona per festeggiare e dopo il cibo, il gioco diventava uno strumento di soddisfazione e di risate. A corte ci si divertiva anche con il gioco dei dadi, degli scacchi, le carte napoletane, dei tarocchi, la sfera di cuoio, che era l’antenata del pallone da calcio, e in inverno con vere e proprie battaglie di palle di neve. In questa epoca fanno la loro comparsa i primi giochi enigmistici e il gioco d’azzardo, compresa la roulette che fu inventata da Blaise Pascal, che però pensava di fare un esperimento scientifico e non di dare origine ad un passatempo che ha attraversato immutato diverse epoche della storia. Anche discipline come la palla e il volano, già amate dai latini secondo la testimonianza di Marziale o dei mosaici di Piazza Armerina, in Sicilia, divennero comuni e amati.
Nel gioco si ritorna tutti uguali
Passatempi cari alla corte, che vennero poi imitati anche dal popolo e divennero appannaggio pure delle classi meno abbienti. Perché molti di questi passatempi si caratterizzano per non richiedere particolari conoscenze o sostanze. Li accomunano solo lo spirito di allegria e di sfida. Che ricorrono in tutti i giochi che dal Rinascimento in poi si sono diffusi in Italia. Per scoprire anche giochi più moderni si può decidere di fare un viaggio a Azzinano, piccola frazione del comune di Tossicia in provincia di Teramo, in Abruzzo, dove si possono ammirare numerosi murales che raccontano con colori vivaci i giochi di una volta.
Foto di Henryk Niestrój da Pixabay
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