Rango è il gioiello dell’altopiano del Bleggio e della Val Giudicarie, che domina fiera dall’alto.
Salendo lungo i tornanti della valle, questo piccolo borgo compare alla vista praticamente all’improvviso, immerso in un silenzio quasi sacrale, rustico e compatto, scolpito nella montagna come una minuta e insieme raffinatissima opera d’arte. Con le sue antiche dimore addossate le une alle altre e collegate da portici, androni e corti interne, sembra un abitato fortificato, perfettamente conservato nella sua architettura tradizionale che ha pochi eguali in Trentino.
Tra le antiche case e i portici rivive ancora il placido sapore di un tempo, ancora incontaminato dalla frenesia dei nostri giorni. L’anima di questo borgo è rimasta intatta nei secoli. Dalla splendida bifora rinascimentale che vi accoglie all’entrata, eredità dell’epoca rinascimentale perfettamente coniugata con l’architettura tipica contadina del posto e abbellita da una magnifica meridiana, all’intreccio di edifici rurali, ai pont che conducevano all’aia, ai tipici androni (vòlt), al fitto sistema di cunicoli, corti interne (portec) e passaggi coperti per ripararsi dalle intemperie…
Questo magico pugno di case rurali parla ancora di un passato popolato di pellegrini, pastori, mercanti e viaggiatori solitari che qui usavano sostare e riposare. Le tipiche case rurali erano di grandi dimensioni, solide e massicce, spesso allineate in un unico blocco plurifamiliare sotto un unico tetto. Le abbellivano grandi portali, loggiati e le rastrelliere in legno per l’essicazione dei prodotti. Queste case unitarie spesso mescolavano funzioni residenziali e rustiche: sotto un unico tetto più famiglie ma anche i loro preziosissimi animali.
Accanto agli “appartamenti”, dunque, anche le stalle, ricovero del bestiame ma anche stanze calde e quindi luogo di aggregazione e teatro in inverno del filò, quando le donne filavano appunto la lana e gli uomini intrattenevano i piccoli con fiabe e racconti. Camminando a Rango è facile scorgere le caratteristiche aie, dove si usala tenere la legna, battere la biada e far scorazzare i bambini; i freschi avvolti, che erano usati come stalle e gli ampi solai, dove si depositavano fieno e granoturco.
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Ancora oggi gli antichi vòlt si aprono ai visitatori in occasione dei mercatini di Natale. Tra luci, colori e profumi di festa, passeggiando lungo le vie e sotto gli androni, i visitatori scopriranno bancarelle con le prelibatezze enogastronomiche tipiche della valle e gli oggetti artigianali di esclusiva produzione locale. Nella piazza del borgo, abbellita da finestre e balconi adornati di fiori e pannocchie, trovate la grande fontana in granito, di forma quadrata, un tempo abbeveratoio delle greggi, oggi placido ritrovo per conversare.
La testimonianza della funzione di passaggio del borgo si ritrova proprio nella complessa e armonica struttura architettonica del borgo: gli edifici si snodano l’uno attaccato all’altro, senza soluzione di continuità e comunicano tra di loro attraverso un fitto sistema di cunicoli, corti interne e passaggi coperti. I viandanti potevano passare per il paese attraverso gli androni e i cunicoli senza uscire all’aria aperta, evitando così di esporsi al freddo, alla pioggia o alla neve.
Il tempo non ha intaccato questo prezioso patrimonio storico e architettonico che, anzi, con il passare dei decenni è stato ampiamente valorizzato. Ne è riprova l’antica strada romanica che collegava Riva del Garda con il passo Durone passando per Rango. Uno dei più antichi e suggestivi percorsi del Bleggio, delimitato da muri a secco e da laste in granito e tonalite infisse verticalmente e ombreggiato di vecchi noci. Decenni fa Rango ha rischiato di spegnersi, soffocato da un’emigrazione massiccia.
Negli anni Sessanta e Settanta il paese ha vissuto un periodo buio di completo abbandono. Oggi a Rango ci sono circa 150 abitanti, un numero che rimane più o meno stabile, nonostante l’inarrestabile invecchiamento della popolazione. Passeggiando nelle strette viuzze selciate si coglie ancora lo spirito della difficile vita contadina, tanto dura da spingere gli uomini ad emigrare per imparare a svolgere lavori oggi abbandonati o quantomeno in disuso come il moleta (arrotino), ombrelèr (ombrellaio), el carègheta (impagliatore di sedie) o il calièr (calzolaio).
Nel borgo vi è anche un piccolo museo della Scuola. Un’esperienza inedita e originalissima dove sono conservati gli oggetti e il materiale didattico della prima metà del novecento, utilizzati nelle scuole dei dintorni.
Un viaggio nella memoria per ritrovarsi nella scuola del tempo passato. Da vedere, nel territorio comunale, sono anche il villaggio di Balbido, paese dipinto, con i suoi murales colorano l’ambiente e raccontano momenti di vita contadina, antiche leggende e vecchi mestieri; la chiesa di Santa Croce nell’omonimo borgo, sede dell’antica Pieve del Bleggio e raro esempio, per il Trentino, di edificio sacro in stile rinascimentale. In questa chiesa di ammirano la cappella di Santa Croce (1640) con lo splendido altare barocco di legno dorato che custodisce dal 1624 la Croce taumaturga, lo sfarzoso altare maggiore in marmo (1740) e la cripta romanica con frammenti di scultura dei secoli VIII e IX e tracce di affreschi anteriori al 1303.
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